Il binomio Morlotti e Imbersago rappresenta un punto fermo, forse uno tra i più significativi, per chiunque voglia accostarsi alla figura e all’opera di questo straordinario maestro della pittura lombarda, artista straordinario che per circa un trentennio dagli anni ‘50 ha molto spesso lavorato e soggiornato appunto a Imbersago.

Con Renato Guttuso, Florio Libera ed Ernesto Treccani

Con Morlotti l’arte pittorica è arrivata a proiettare il nome di Imbersago e dell’Adda nel panorama italiano, in Europa e nel mondo. È stato per lui un incontro segnante e un amore vero, costante, appassionato… Il Comune lo ha ricambiato attribuendogli nel 1988 la cittadinanza onoraria e intitolandogli alcuni anni dopo un Premio di pittura che dal 1996 richiama l’attenzione di moltissimi giovani artisti provenienti da ogni parte d’Italia, come lui innamorati della natura e della sua trasfigurazione attraverso la pittura.

Il conferimento della cittadinanza in Municipio

Il testo della targa che lui stesso ritirò, non senza commozione, il 25 settembre 1988 davanti al Consiglio comunale, riassume bene questi concetti: «Il Comune di Imbersago a Ennio Morlotti, Cittadino Onorario per aver amato e proiettato in arte il vivere comune ed il bellissimo paesaggio dei nostri luoghi facendoli conoscere a tutta la nazione».>.
Lo accompagnavano idealmente in quel momento le passioni di sempre: i silenziosi e rigogliosi boschi di castagno, lo splendido panorama dei morbidi colli della valle dell’Adda, del Resegone e delle Grigne, il lento scorrere delle acque del nostro fiume, il cielo sereno di quell’azzurro di Lombardia.

Con Guido Riva
Con Florio Libera e Renato Guttuso

“Ennio Morlotti ha impresso un segno indelebile nella storia della nostra pittura, un segno fatto della sostanza lirica splendida e cupa di un rapporto ad alta incandescenza tra forma e natura. Il suo lungo soggiorno a Imbersago, durato a fasi alterne per circa un decennio tra il 1955 e il 1965, costituisce certo qualcosa di più di un semplice episodio di cornice nell’insorgenza e nella sedimentazione dei motivi fondanti della sua poetica. Tra quelle case e quei panorami affacciati sull’Adda, accanto al vivere degli abitanti, al trascorrere delle ore del giorno e dei colori delle stagioni, tra i campi, le macchie e il declinare delle colline, l’artista aveva evidentemente trovato un interiore, vivissima simmetria con la sua terrestrità lombarda (“il mio istinto pittorico è lombardo dalla radice” dichiarava aMarco Valsecchi nel 1964) e con la sostanza più profonda della sua sensibilità.

Quei soggiorni non sono stati solo lo spazio per l’individuazione di soggetti ispirativi o la ricerca di una dimensione di tempo pacato, fuori dai ritmi convulsi e dalla spersonalizzazione della grande città. Sono stati, di più, la concretezza di una coincidenza profonda d’animo e d’immaginario, il culmine di una inverazione che ha indotto e accompagnato il delinearsi della sua personalità e la sua riflessione operosa sul problema del dipingere, sul rovello mai sedato della poetica.

E certo, se Imbersago ha dato a Morlotti quella cornice ideale, quel “riscontro collaterale” alla concentrazione creativa, da parte sua Morlotti ha lasciato in quella comunità tracce umane e artistiche rilevanti, che durano vivissime ancora oggi. Sono opere, tele e disegni, donate o scambiate con amici e persone del luogo, a segnare un incontro, un’amicizia, una consuetudine. Ma anche, memorie, fotografie e documenti, che restano a marcare nel tempo le circostanze e gli episodi di quei soggiorni operosi.

Imbersago e la sua campagna partecipano pienamente alla vicenda pittorica di Morlotti, alla sua costante torsione dialettica tra forma e informale, tra figurazione e flusso impulsivo dell’immagine. Le sue tele e i suoi disegni evocano costantemente i fiori, le spighe, i granturchi penetrati e appena accennati dalla nervosità appuntita del segno; i corpi di contadine e di bagnanti nell’Adda, ribaditi con commozione nell’accenno acuto e spigoloso di un gesto, sulle rive affocate della calura estiva o all’ombra fonda degli arbusti; il trascorrere pigro della corrente, la densità di un panorama, il tessuto fermentato e violento delle superfici… Una sostanza straordinaria di pittura, insomma, assorta, lirica e impulsiva.

Testi di Giovanni Ghislandi e Giorgio Seveso

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